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Celti Popolazione diffusa nell'Europa centroccidentale nel corso del I millennio a.C., caratterizzata da una comune cultura; tra IV e III secolo a.C. entrò progressivamente in contatto con il mondo greco-romano. Le fonti classiche usano il termine celti (dal greco keltoi), o galati, o galli, per designare una popolazione parlante una lingua indoeuropea (vedi Lingue celtiche). I toponimi, i nomi di tribù, di persone e di divinità permettono di riconoscere la loro presenza in un'area compresa tra le isole britanniche, la Spagna e il basso Danubio.
PREISTORIA E PROTOSTORIA
Anche se i celti rappresentano il più importante nucleo di popolazione dell'Europa dell'età del Ferro, le loro origini risalgono alla cultura dei campi di urne della tarda età del Bronzo, diffusa nell'Europa centrale e orientale tra il 1300 e l'850 a.C.
I più antichi reperti archeologici provengono dalla regione corrispondente alla Francia e alla Germania occidentale e sono databili alla tarda età del Bronzo, intorno al 1200 a.C. L'inizio dell'età del Ferro è caratterizzato dalla cultura di Hallstatt (VIII-metà del V secolo a.C.), che prende il nome dal sito omonimo nell'Austria settentrionale. Il periodo tardo di Hallstatt (VI secolo a.C.) è anche detto 'età dei principi' per le monumentali sepolture (come quelle di Hochdorf, Vix, Saint-Colombe) e le imponenti fortificazioni (come a Heuneburg), che appaiono attribuibili a una sopraggiunta ricchezza delle aristocrazie celtiche, tale da giustificare sia lo sfarzo sia la necessità di difesa.
Tra il V e il I secolo a.C. i celti si diffusero dalla Spagna alle coste del Mar Nero, dando vita a una tarda fase dell'età del Ferro che prende il nome di cultura di La Tène, dall'omonima località della Svizzera. Tra il IV e il III secolo a.C. il mondo celtico attraversò un periodo di instabilità, forse dovuto alla pressione dei popoli nordici, che provocarono una serie di migrazioni: i celti penetrarono nel mondo greco-romano, invadendo l'Italia settentrionale, la Macedonia, la Tessaglia, e saccheggiando Roma (390 a.C.) e Delfi (279 a.C.); alcuni gruppi si spinsero fino in Asia Minore.
Nell'Italia settentrionale i celti entrarono nell'orbita di Roma a partire dal II secolo a.C.; la Gallia transalpina fu conquistata da Giulio Cesare nel I secolo a.C.; quasi tutta la Gran Bretagna passò sotto il controllo romano nel I secolo d.C. L'assimilazione alla cultura dell'impero romano provocò il parziale abbandono della tradizione, che comunque in parte si conservò, soprattutto nelle isole britanniche; ancora oggi lingue e tradizioni celtiche sopravvivono in Bretagna (Francia occidentale), nel Galles, nelle Highlands scozzesi e in Irlanda.
LA SOCIETÀ
La società celtica era di tipo rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia. Nei centri più ricchi, o dove la competizione per le risorse era forte, gli insediamenti erano dotati di fortificazioni, che comprendevano un'area in cima a una collina, o a una zona elevata, circondata da fossati e da bastioni; l'interno era occupato da capanne e da aree adibite ai lavori manuali. Il grano veniva conservato in pozzi scavati nel terreno, sigillati con l'argilla. Il maggior numero di centri fortificati si trova nell'Inghilterra sudoccidentale: i più imponenti sono quelli di Maiden Castle nel Dorset, di Danebury nello Hampshire e di South Cadbury nel Somerset. Negli ultimi secoli prima di Cristo si svilupparono vere e proprie città fortificate, che Cesare chiamò oppida.
L'unità base della società celtica era la tribù, al cui interno erano diversi gruppi sociali: i nobili, le famiglie dominanti; gli agricoltori; gli artigiani e coloro che svolgevano lavori manuali; gli schiavi. A una classe colta appartenevano i druidi. Nell'antichità le tribù erano comandate da un re (una tradizione conservata in Gran Bretagna fino alla conquista romana), mentre nelle regioni celtiche più aperte all'influenza del mondo classico vennero eletti magistrati. Scrittori antichi come Strabone, Cesare e Diodoro Siculo ci descrivono la vita dei celti: nonostante la tendenza ad alterarne le caratteristiche originarie, i celti vengono rappresentati come amanti dei banchetti, del bere, del narrare storie e del vantarsi di imprese ardite. Cesare li descrive come appassionati guerrieri, esperti nella guida dei carri: per incutere maggiore timore in battaglia, si dipingevano il corpo di guado, una tintura vegetale blu. Lavoravano ottimamente i metalli e impiegavano la loro perizia per realizzare armature e bardature dei cavalli (vedi Arte celtica). Il commercio era un'attività molto importante: acquistavano oggetti di lusso e vino in cambio di cani, cavalli, pelli, sale e schiavi.
RELIGIONE
Vincoli religiosi univano i membri delle tribù; il re, che era investito di una funzione religiosa, partecipava attivamente ai riti. Divinità panceltiche convivevano con divinità locali, associate a singole tribù o a luoghi sacri. Alcune informazioni sulla mitologia celtica vengono fornite dal ritrovamento di oggetti rituali, come il bacile di Gundestrup, un grande recipiente d'argento con decorazioni a rilievo rinvenuto in una palude dello Jutland (Danimarca). Tracce di antichi miti celtici sono rintracciabili anche nelle letterature medievali dell'Irlanda e del Galles.
I druidi, il cui nome significava probabilmente 'veri veggenti', erano sacerdoti preposti alla divinazione, ai sacrifici e alla conduzione di riti nelle feste religiose. I siti destinati al culto erano contraddistinti da recinzioni sacre, ma anche da strutture più complesse, quali pozzi, forse collegati al culto della terra, in cui venivano gettate le vittime di sacrifici (uomini e animali), spade e altre offerte votive. Anche alcuni elementi naturali avevano significato religioso: l'agrifoglio e il vischio, ad esempio, erano sacri, così come le querce e i boschi. Gli animali erano venerati come totem tribali; era inoltre praticata l'arte divinatoria, grazie alla quale si traevano presagi dal volo degli uccelli o dalle viscere delle vittime sacrificali.
CENNI STORICI
Con la fine dell'impero romano nelle regioni britanniche riemersero vari regni di chiara origine celtica. Popolazioni germaniche si insediarono nelle regioni orientali, mentre gaelici irlandesi si stanziarono nella Scozia occidentale; infine, gli angli del sud-ovest migrarono in Bretagna, delineando una distribuzione delle popolazioni celtiche molto simile a quella attuale.
Il cristianesimo si era diffuso in Britannia in epoca romana. Nel V secolo l'Irlanda fu convertita da san Patrizio e da altri missionari; poco dopo il processo di evangelizzazione giunse anche in Scozia, grazie soprattutto alla fondazione del monastero di Iona da parte di san Colombano, da dove si diffuse presso le tribù della Scozia nordorientale e nel regno di Northumbria. Il VII e l'VIII secolo registrarono una grande fioritura culturale di queste regioni, nella quale la Chiesa svolse un ruolo fondamentale, incoraggiando lo sviluppo della produzione artistica (lavorazione dei metalli, intaglio e miniatura). Anche la letteratura locale fu coltivata più che altrove, e gli eruditi celtici si fecero conoscere in tutta l'Europa continentale.
Nel IX e nel X secolo le isole britanniche furono attaccate da popolazioni scandinave, che in parte si unirono alle popolazioni locali. I re gaelici degli scoti assunsero il controllo dei territori dei pitti e in seguito arrivarono a dominare la Scozia sudoccidentale e l'Inghilterra sudorientale, mentre si andava stabilizzando il confine anglo-gallese; la Cornovaglia perse l'indipendenza politica, mentre in Irlanda il dominio del re si estese a livello nazionale. Si erano così delineate le quattro nazioni moderne: tre celtiche e una germanica.
Con la conquista normanna dell'Inghilterra (1066), estesa successivamente al Galles e, con il XII secolo, all'Irlanda e alla Scozia, le lingue e le culture celtiche scomparvero dalla cultura di corte e ufficiale, assumendo connotazioni popolari, secondo un processo analogo a quello che si verificò anche in Bretagna. Il nuovo clima politico fu caratterizzato da un atteggiamento contraddittorio nei confronti degli elementi celtici, a volte valorizzati, più spesso repressi con atti di intolleranza sociale e religiosa. Tracce della difficile convivenza di ceppi etnici e linguistici celtici con le culture dominanti permangono anche nella storia recente, ad esempio nella particolare unità e compattezza delle comunità celtiche emigrate nell'Europa continentale o in alcune tendenze nazionaliste sempre ritornanti.